Origine di questa antologia, dedicata alla canzone napoletana di tutti i tempi, parte da lontano, come la storia del suo interprete.

Sergio Bruni (nome d'arte di Guglielmo Chianese) nacque il 15 settembre (mese di Píedigrotta) del 1921 a Villaricca, paesino vicino Napoli, ed ebbe una infanzia poverissima, illuminata solo dall'amore per la musica, che a 10 anni lo spinse allo studio del clarinetto.

A soli 11 anni fu ammesso nella banda municipale del suo paese, che era piuttosto nota; nei vari anni che vi rimase, si esibì, assieme al resto dei colleghi, nelle feste più importanti dei centro-sud, suonando un programma costituito prevalentemente da pezzi d'opera e da marcette.

Con lo scoppio della guerra, Bruni fu chiamato alle armi, poi, dopo lo sbarco alleato, partecipò alle 4 giornate di Napoli ed alla lotta dei napoletani contro i tedeschi.

Ferito gravemente alla gamba destra, restò claudicante per sempre.

Durante la lunga degenza a letto, non potendo suonare il clarinetto, troppo ingombrante, non faceva che canticchiare tutte le canzoni napoletane che conosceva. Poiché la voce c'era, assieme ad un modo tutto personale di interpretarle (come evidenzia Roberto De Simone, a proposito della sua tecnica canora) gli altri ammalati, i medici, gli infermieri, gli consigliavano di debuttare come cantante.

A ciò si aggiunse l'occasionale conoscenza con Vittorio Parisi, una grande gloria canora di Napoli, proveniente dal teatro lirico, che lo incoraggiò e lo presentò alla sua casa discografica.

Perciò, uscito dall'ospedale, provò a cantare con un vero pubblico. Il debutto avvenne mentre c'erano ancora le truppe americane a Napoli, il 14 maggio 1944 al Teatro Reale (oggi cinema Roxy) alle spalle di Piazza Dante.

Fu un successone e cominciò così la carriera canora di Bruni.

Sarebbe troppo lungo parlare qui, in dettaglio, delle varie tappe di questo trionfale percorso artistico, ormai quasi cinquantennale.

Basterà ricordare che alla prima seguirono molte altre serate, intercalate da un concorso fra dilettanti (vinto), dall'ammissione a far parte dei cantanti che si esibivano con l'orchestra di Radio Napoli, dall'incisione di tanti dischi (oltre un migliaio di canzoni incise durante la carriera), dalla sua partecipazione a molti spettacoli di Piedigrotta organizzati da varie case editrici napoletane, delle tante canzoni portate al successo, dei suoi fans sempre più numerosi ed adoranti, ecc.

Dal 1952 s'aggiunsero anche i Festivals di Napoli (32 canzoni interpretate, 23 entrate in finale, 3 vittorie, di cui una ex equo, 3 secondi e 4 terzi posti) poi il Festival di San Remo, con 7 canzoni finaliste su 8 interpretate, un secondo e un terzo premio.

Occorre dire, per la verità, che le presenze ai Festivals (e forse anche i premi vinti) avrebbero potuto essere tante di più, sol che egli avesse accettato le molte altre richieste avute dai vari organizzatori.

Ma Bruni, se spesso fece notizia partecipando, ancor più spesso fornì al giornalisti specializzati soltanto lo spunto per articoli che annunciavano uno dei suoi tanti sdegnosi rifiuti. Vale la pena, però, di chiarire che l'angolosità del suo carattere non è un fatto temperamentale né una forma di divismo, come per tanti cantanti di successo, ma è legata all'impegno pieno che pone nel suo lavoro ed al conseguente chiudersi in se stesso, alla ricerca di un risultato artistico che soddisfi non solo il pubblico ed i critici, ma il suo rigoroso senso autocritico, accresciutosi parallelamente al successo conseguito.

Bruni confessa che, agli inizi della carriera, non badava ad altro che a raggiungere la fama e quella sicurezza economica che non aveva mai conosciuto, sin dalla nascita.

Quindi, per sentirsi soddisfatto del proprio lavoro, gli bastava cantare meglio che poteva la canzone che di volta in volta gli veniva affidata e l'essere pagato per fare un mestiere che gli piaceva!

Nessun pensiero...

Cantava d'istinto ...

Non rifiutava nessuna offerta...

Tuttavia, man mano che il successo di Bruni aumenta, cresce in lui una coscienza critica sempre più viva, per un affinamento dei gusto e per il progressivo acculturarsi; ne deriva una ossessiva ricerca di perfezione, dell'interpretazione più rispettosa di una tradizione popolare canora formatasi nel secoli, cui Bruni vuole restar fedele, pur nella necessità di tener presente che i tempi si evolvono.

Ne consegue che il numero delle canzoni che ritiene più significative, e quindi da mantenere in repertorio, diventa sempre minore.

Bruni così diviene poco a poco sempre più esigente, prima di tutto con se stesso, di rado soddisfatto

totalmente del suo lavoro e di quello dei collaboratori. Diventa un perfezionista inflessibile! Perciò se si tratta di questioni che ritiene artisticamente non giuste, nessuna considerazione di carattere economico o pericolo di danni da pagare per rottura di contratto, ecc. l'ha mai trattenuto dal mandare tutto a quel paese, sinora.

Nè credo cambierà mai...

Ne sono nati epici scontri con direttori d'orchestra, funzionari radiotv, organizzatori, autori, e talvolta pure col pubblico.

Ad esempio, sono restati memorabili certi spettacoli, interrotti a metà da un suo improvviso abbandono del palcoscenico (e conseguente chiusura del teatro da parte della Polizia per i tumulti che ne seguivano) causato dal fatto che qualcuno dei suoi fans presente in teatro, guappescamente, cercava di forzargli la mano, e gli chiedeva con troppa insistenza di cantare qualche suo precedente successo.

Eppure, Bruni avrebbe potuto soddisfare senza difficoltà la richiesta, poiché ha una eccellente memoria e ricorda perfettamente, ancora oggi, ogni canzone di qualche rilievo che abbia cantato anche tanti anni fa. Bastava qualche minuto...

No! il motivo del pervicace rifiuto di Bruni, incurante delle conseguenze, che egli fornisce candidamente, è che quella canzone non la sente più sua e che le richieste insistenti e proterve, anche se dettate da ammirazione per lui, gli impedivano di concentrarsi e di rendere al massimo delle sua capacità nel far apprezzare le canzoni che interpretava in quel momento.

Quindi, piuttosto, meglio non continuare nello spettacolo, che cantare male, costi quel che costi.

Per evitare questi inconvenienti, che dispiacevano anche a lui, ma che non lo facevano deflettere di un millimetro dal suo rigorismo, Bruni, all'apice dei successo ed uno dei cantanti più ricercati e più pagati, decise di autoescludersi da tante manifestazioni pubbliche: erano troppo mercantili e dispersivi! Poi decise anche di evitare il più possibile di fare delle serate: non c'era concentrazione ed il pubblico pretendeva di decidere che cosa Bruni stesso dovesse cantare.

Dunque solo poche serate e con un pubblico di intenditori, cosa che fa ancor oggi.

Per dire quale sia il disinteresse economico di Bruni, vogliamo aggiungere che attualmente l'artista, oltre a concerti a livello internazionale ed esibizioni televisive importanti si esibisce con i suoi allievi ogni sabato, gratis, in uno spettacolo ad inviti, organizzato polemicamente in un teatrino che ha allestito nella sua villa di Napoli, per protestare contro l'inerzia dell'ambiente e delle autorità napoletane, verso la canzone.

Tutto ciò naturalmente comportò e comporta notevoli rinunce economiche che Bruni ha fatto e fa senza batter ciglio, benché non sia certo ricco, da vivere di rendita. Quando ottenne, a caro prezzo, il tempo libero cui ambiva per pensare e studiare, lo sfruttò anche per imparare a suonare la chitarra classica, ma soprattutto per ascoltare ed ascoltarsi, e per portare avanti i suoi studi sulle origini e la storia della nostra canzone e dei cantare popolare, principiati quando aveva partecipato alla realizzazione della prima Antologia della canzone napoletana apparsa in Italia, iniziata dalla Voce del Padrone nel 1956, rimasta incompleta.

Nello stesso periodo proseguì nella scelta del suo personale repertorio.

I primi frutti vennero dai consensi che il nuovo repertorio ottenne nel corso dei concerti tenuti in giro per il mondo, alla Carnegie Hall di New York, in Australia, in Canada, in Francia, in Giappone, ecc. e culminò con il successo riscosso da un concerto del 1972, tenuto nella Sala Grande del Conservatorio di Napoli.

Nel 1982 Bruni, decise di affrontare una analisi radicale della canzone napoletana, assieme al grande musicologo Roberto De Simone, ricominciando dall'origine.

Le ricerche furono estese persino alle biblioteche di lontane Università europee ed americane, ma sono state fruttuose, poiché hanno riportato alla luce della ribalta anche degli splendidi brani perduti o dimenticati.

Dopo la prima fase di ricerca, durata ben 3 anni, Bruni cominciò a registrare qualche brano, quasi per se stesso, scegliendo le canzoni che sentiva più vicine alla sua sensibilità.

Contemporaneamente, mentre si abbeverava alla sorgente dei classici, continuava ad affinare la sua vena di compositore, già collaudata in precedenza da alcuni successi: come Palcoscenico, Na bruna ed infine Carmela.

Nel secondo cofanetto troviamo, perciò, accanto ai Classici, alle Villanelle e ai grandi successi, ventuno canzoni, quasi tutte inedite - alcune veramente splendide - scritte da Sergio Bruni nell'ultimo decennio.

Tutti i brani sono stati orchestrati dal M° De Simone o da Bruni stesso e registrati usando soltanto 2 chitarre ed un mandolino, in funzione della essenzialità dello stile e della correttezza storica, ed anche per preservare l'originale semplicità e creare un equilibrio sonoro naturale tra voce e parti strumentali, pur consentendo che la voce all'ascolto appaia in primo piano, come è nella tradizione popolare più schietta.

Nel 1986, terminò la registrazione dei primi 40 pezzi.

Da rilevare che questo lavoro - che qualsiasi discografico sarebbe stato ben lieto di finanziare - Sergio Bruni volle realizzarlo a sua cura e spese, per evitare qualsiasi pressione o condizionamento mercantile. Ma questo non gli bastò.

Fece stampare, sempre a sue spese, un cofanetto con 4 dischi 33 giri riproducenti queste prime incisioni, in un limitato numero di copie, a mo' di saggio, per sentire il parere di un esiguo numero di amici, di fans e di autorità della cultura napoletana.

Poi subito si rituffò nelle sue ricerche, rifiutando di ristampare le prime incisioni o di concedere ad altri tale diritto, in attesa di completare un secondo cofanetto con altre 40 incisioni.

Nel 1990, finalmente, vide la luce, con marchio Bideri e distribuzione CGD, la prima vera edizione dei 4 dischi realizzati da Sergio Bruni e da Roberto De Simone, in un cofanetto con 4 Compact Disc (o 33 giri o Musicassette), arricchito per le prime 3000 copie, in edizione numerata, da un libro di Roberto De Simone: "Appunti per una disordinata storia della canzone napoletana".

Questo che presentiamo ora è il secondo cofanetto, contenente 4 Compact Disc (o 33 giri o Musicassette) con altre 40 canzoni e questo libro, con testi, foto e notizie.

Il momento in cui viene completata quest'opera, che tanto lavoro e tanto amore ha richiesto a tutti coloro che vi ci sono dedicati, particolarmente a Bruni ed a De Simone, ovviamente, ci sembra particolarmente felice, visto il rinnovato interesse per la canzone napoletana classica.

 

 Luciano Villevieille Bideri


Peppino De Filippo Luciano Villevieille Bideri Goffredo Fofi Bruni e Murolo